Una delle cose più affascinanti nei fiori è il loro meraviglioso riserbo.

Henry David Thoreau

domenica 16 settembre 2012

LA FEMMINILISSIMA PORTULACA


La portulaca è veramente una piccola, dispettosa, simpatica piantina…
Cresce un po’ ovunque e un po’ ovunque è possibile scorgerla. Infestante, dicono gli esperti. E non hanno torto. Provate a prenderne un pezzettino, strappato senza particolare cura, e con la stessa poca attenzione infilatela in una roccia calcarea, nell’angolino di un vasetto di terra , sotto un albero, in un angolo spoglio del vostro giardino, in una ciotola appesa,  e vedrete che lei, neanche troppo lentamente, comincerà a camminare, strisciare, allungare i suoi rametti erbosi fino a coprire tutto quel che le sarà possibile coprire. E poi spunterà prima un fiore, e poi due e poi tre fino a un tripudio di fiorellini semplici, puri, coloratissimi, simili a piccoli bottoncini con i colori estivi del gelato…
rosso carminio 
 arancio
 giallo
 rosa porpora

Che nome strano ha, la portulaca! Gli inglesi, sempre un po’ snob, la chiamano “purslane”, porcellana, visto che le sue foglie carnose e lucide ricordano il nobile materiale.

 Nel Salvador  è detta “cuscino di bambino” richiamando la sua morbida tendenza a tappezzare tutto.
Per gli argentini  è il fiore del giorno, per la sua fugace, seppur resistentissima, vita.
Per gli spagnoli è semplicemente “porcellana”, o  banalmente “portulaca”.
E gli italiani? Gli italiani amano le belle donne, e quindi tanti sono i modi di citare questa piantina richiamando il suo essere alla femmina….e i nomi sono tanti quanti sono i dialetti del nostro Bel Paese.
Purselana per i liguri (forse i più eleganti), porcacchia per i lucani, pucchiacca per i napoletani,  perchiazza in Puglia, sportellecchia per i vivaci toscani, e così via…ma più o meno tutti riportano alla donna e al suo essere tale.

Eppure non è una pianta vistosa come potrebbe far pensare questo strano nome…
Le sue origini sono controverse. Così come è incerta la provenienza asiatica, così è certa l’usanza egizia di usarla come pianta medicinale , ma ovunque e in ogni epoca storica  la si è prediletta come pianta da gustare nell’arte culinaria. Ancora oggi la si conserva in vasetti colmi di acqua e aceto, o olio, o la si condisce in insalata.
Per gli arabi resta la “pianta matta”, per il suo modo scomposto di allargarsi sul terreno. Senza regole, senza confini, senza pudore.

A Roma è per tutti la “misticanza”, ossia da mischiare con altre verdure in insalata. Altrove è l’erba fratesca, quando, anticamente, i frati, nel chiedere l’obolo alle famiglie, racimolavano portulaca bussando alle porte della  gente.
Non soltanto  gli egizi la adoravano come pianta medicinale. Le si riconoscono proprietà disinfettanti per l’acne, si dà per certa il suo essere preziosa  fonte di omega 3, ed è nel suo insieme depurativa, lassativa, diuretica, dissetante.  
Ma, sopra ogni cosa, questa piccola ma prepotente piantina estiva è, nella sua disarmante  semplicità,  una presenza fissa dei vivai nella bella stagione.
È facile da coltivare. Non vuole molta acqua, e se questa le viene a mancare lei comunque si arrangia…i suoi rametti erbosi arrancano un po’ ovunque,  guadagnando terreno e decorando il perimetro con i suoi  piccoli bottoncini colorati. La luce del sole che lei ama tanto dà risalto alle sue foglie carnose , mettendo in evidenza la lacca lucida che le ricopre.

Ne basta un pezzetto per farne tante belle piantine colorate. Non temete, se vedrete questo, all’inizio…

Lei ci inganna perché il suo compito primario è conquistar terreno, per poi decorarlo con le sue magnificenze.
Una volta attecchita, ci donerà il suo semplice splendore e al primo freddo ci saluterà. Ma  l’anno prossimo sarà sempre lì, pronta a sbucar fuori da qualche anfratto solitario, come un’antipatica gramigna e, al primo sole, ci regalerà i suoi fiorellini magici e divertenti, simili a buffi fumetti sparpagliati disordinatamente un po’ ovunque…

Anche da quella ciotola appesa, dove li vedremo scendere scompigliati e divertenti, come sempre, come ogni estate…



Autore: Emanuela Sannipoli