La portulaca è veramente una piccola, dispettosa, simpatica
piantina…
Cresce un po’ ovunque e un po’ ovunque è possibile
scorgerla. Infestante, dicono gli esperti. E non hanno torto. Provate a
prenderne un pezzettino, strappato senza particolare cura, e con la stessa poca
attenzione infilatela in una roccia calcarea, nell’angolino di un vasetto di
terra , sotto un albero, in un angolo spoglio del vostro giardino, in una
ciotola appesa, e vedrete che lei,
neanche troppo lentamente, comincerà a camminare, strisciare, allungare i suoi
rametti erbosi fino a coprire tutto quel che le sarà possibile coprire. E poi
spunterà prima un fiore, e poi due e poi tre fino a un tripudio di fiorellini
semplici, puri, coloratissimi, simili a piccoli bottoncini con i colori estivi
del gelato…
rosso carminio
aranciogiallo
rosa porpora
Che nome strano ha, la portulaca! Gli inglesi, sempre un po’
snob, la chiamano “purslane”, porcellana, visto che le sue foglie carnose e
lucide ricordano il nobile materiale.
Nel Salvador è detta “cuscino di bambino” richiamando la
sua morbida tendenza a tappezzare tutto.
Per gli argentini è
il fiore del giorno, per la sua fugace, seppur resistentissima, vita.
Per gli spagnoli è semplicemente “porcellana”, o banalmente “portulaca”.
E gli italiani? Gli italiani amano le belle donne, e quindi
tanti sono i modi di citare questa piantina richiamando il suo essere alla
femmina….e i nomi sono tanti quanti sono i dialetti del nostro Bel Paese.
Purselana per i liguri (forse i più eleganti), porcacchia
per i lucani, pucchiacca per i napoletani,
perchiazza in Puglia, sportellecchia per i vivaci toscani, e così via…ma
più o meno tutti riportano alla donna e al suo essere tale.
Eppure non è una pianta vistosa come potrebbe far pensare
questo strano nome…
Le sue origini sono controverse. Così come è incerta la
provenienza asiatica, così è certa l’usanza egizia di usarla come pianta
medicinale , ma ovunque e in ogni epoca storica la si è prediletta come pianta da gustare nell’arte
culinaria. Ancora oggi la si conserva in vasetti colmi di acqua e aceto, o
olio, o la si condisce in insalata.
Per gli arabi resta la “pianta matta”, per il suo modo
scomposto di allargarsi sul terreno. Senza regole, senza confini, senza pudore.
A Roma è per tutti la “misticanza”, ossia da mischiare con
altre verdure in insalata. Altrove è l’erba fratesca, quando, anticamente, i
frati, nel chiedere l’obolo alle famiglie, racimolavano portulaca bussando alle
porte della gente.
Non soltanto gli
egizi la adoravano come pianta medicinale. Le si riconoscono proprietà
disinfettanti per l’acne, si dà per certa il suo essere preziosa fonte di omega 3, ed è nel suo insieme
depurativa, lassativa, diuretica, dissetante.
Ma, sopra ogni cosa, questa piccola ma prepotente piantina
estiva è, nella sua disarmante semplicità,
una presenza fissa dei vivai nella bella
stagione.
È facile da coltivare. Non vuole molta acqua, e se questa le
viene a mancare lei comunque si arrangia…i suoi rametti erbosi arrancano un po’
ovunque, guadagnando terreno e decorando
il perimetro con i suoi piccoli bottoncini
colorati. La luce del sole che lei ama tanto dà risalto alle sue foglie carnose
, mettendo in evidenza la lacca lucida che le ricopre.
Ne basta un pezzetto per farne tante belle piantine
colorate. Non temete, se vedrete questo, all’inizio…
Lei ci inganna perché il suo compito primario è conquistar
terreno, per poi decorarlo con le sue magnificenze.
Una volta attecchita, ci donerà il suo semplice splendore e
al primo freddo ci saluterà. Ma l’anno
prossimo sarà sempre lì, pronta a sbucar fuori da qualche anfratto solitario,
come un’antipatica gramigna e, al primo sole, ci regalerà i suoi fiorellini
magici e divertenti, simili a buffi fumetti sparpagliati disordinatamente un po’
ovunque…
Anche da quella ciotola appesa, dove li vedremo scendere
scompigliati e divertenti, come sempre, come ogni estate…
Autore: Emanuela
Sannipoli
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