Una delle cose più affascinanti nei fiori è il loro meraviglioso riserbo.

Henry David Thoreau

martedì 25 dicembre 2012

LA STELLA DI NATALE


Euphorbia. Poinsettia. Stella di Natale.
Quanti nomi per un unico, inconfondibile, coloratissimo fiore...ma non dovremmo parlare di fiori, quanto di brattee, cinque per l'esattezza, rosse come il rosso del Natale, che circondano il fiore (quello vero)minuscolo e insignificante, di colore giallo.
Ogni anno, puntualmente, ci si ricorda della esistenza di questa pianta che proviene dal Messico. Pensate che lì, nella sua terra di origine, allo stato naturale può arrivare persino a quattro metri di altezza...e qui da noi, invece, sopravvive ben poco alle fredde temperature alle quali, nostro malgrado, la esponiamo.
Sappiamo bene, quando ci viene donata per le festività, o quando, per lo stesso motivo, ci accingiamo a comprarla, che lei non ama il freddo, ma il caldo tepore dei paesi più caldi, delle serre dei vivai, dei nostri salotti scaldati dal caminetto...ma poi, inevitabilmente, una finestra o una porta che si aprono troppo frequentemente, la casa che resta chiusa e senza luce perchè torniamo al lavoro dopo le vacanze natalizie, le troppe o poche annaffiature...e la nostra amica  abbandona il suo aspetto rigoglioso e colorato e pian piano china il capo, fino a sfiorire, annerirsi, morire.

Il destino ed il nome  di questa amatissima piantina nascono con il suo scopritore Joel  Roberts Poinsett, il primo ambasciatore americano in Messico, che ben pensò di portarne qualche esemplare nella sua terra, gli Stati Uniti, appunto, nel 1825, decretandone e la sua diffusione e la sua popolarità, oltre al fatto che, così come tante ne spuntano durante le feste, altrettante ne muoiono una volta che queste sono terminate.
In Messico viene chiamata Flores de la noche buena (Fiori della notte santa)
e questo suo nomignolo lo si deve a una leggenda, quella di Lola.
Lola era una bimbetta che, all'interno di una cappella, piangeva e provava mortificazione per il fatto di non aver nulla da donare al suo Gesù, neanche un fiore da mettere accanto al presepe. Un angelo le apparve e le disse di uscire a raccogliere fiori , perchè questo sarebbe bastato a donare gioia al Santo Bambino. Lola sapeva che la strada era costeggiata solo da erbacce, e senza timore lo disse all'angelo. La creatura, allora, le disse che si sbagliava, la invitò ad uscire e a raccogliere fiori, e così la piccola Lola fece, con fiducia estrema anche se lei continuava a vedere soltanto erbacce. Ne colse un po' e le depose accanto al presepe. Improvvisamente, le erbe si trasformarono in  una miriadi di fiori rossi, uno più bello e invitante dell'altro, quelli che oggi sono per noi, appunto, le Stelle di Natale.
Questa è una delle leggende che aleggiano intorno a questa fragile creatura del Messico, che il popolo americano ha talmente amato da diffondere nel mondo.
Non ci piace molto vederle ammassate nei vivai in attesa dello scambio degli auguri, per finire dimenticate vicino a un termosifone che, anzichè farle sopravvivere, le danneggia irrimediabilmente. Ma, nonostante ciò, continuiamo imperterriti, a ogni Natale, a comprarne una all'ultimo minuto, così come, sempre all'ultimo minuto, qualche parente o vicino busserà alla nostra porta con una Stella di Natale infiocchettata in mano.
I più creativi la useranno per decorare torte


cartoline
festoni
finanche alberi
o piatti per preparare la tavola delle feste
Mille usi diversi per una sola, meritatissima bellezza.
Una pianta che ha vita breve più di qualsiasi altra. Neanche una stagione, solo pochi giorni.
Prendiamone atto, amiamola per pochi attimi, ringraziamola perchè con la sua leggiadrìa e la sua soave immagine impreziosisce le nostre case, e ci preserva dalle brutte figure quando proprio non sappiamo cosa regalare a chi, solo all'ultimo momento, ha catturato il nostro pensiero.

Autore: Emanuela Sannipoli

domenica 21 ottobre 2012

AGAPANTO: LA PIANTA DELL'AMORE


In quella che era la casa dei miei genitori, prima della loro scomparsa, c’erano tanti, ma tanti agapanto…o agapanthus, se più vi piace.
Un fiore meraviglioso, una pianta esuberante, dai colori freddi , i colori tipici dei fiori che amano l’ombra…invece l’agapanto è pianta del sole, della luce, del calore.
Dell’amore, come richiama il suo antico nome.
La sua etimologia ci riporta all’amore…deriva dal  greco “agape” (amore) e “anthos”(fiore)…
Quando mia mamma venne ad abitare accanto alla mia casa, si portò dietro un agapanto che una vicina aveva dimenticato in un vaso….era più morto che vivo…bastò un poco di acqua e lui tornò a splendere come era giusto che fosse.
Si impadronì pian piano del giardino della mamma, fino a riempire intere bordure. 
Finchè non decisi anche io di piantarne un po’ nel mio giardino…quell'agapanto divenne anche il mio, e il suo tripudio di blu mi fa compagnia a ogni esplosione di fioritura estiva… E mi piace pensare che se agapanto significa amore, la mia casa è piena di amore….

Quella casa, invece, dove vissero i miei, non c’è più…qualcuno l’ha comprata e trasformata….Ora non è più la mia, e non posso dimenticarla o ricordarla come era, perché è accanto alla mia casa….ne sento i rumori, che non sono i rumori di mamma e papà, ne sento le voci, anch’esse estranee, e ne vedo le luci, disposte diversamente da come sono fissate nei miei ricordi….anche i profumi sono diversi, se mai ci sono.
E gli agapanto, da oggi non ci sono più…Da oggi, se mi affaccio al balcone, non vedo più quei ciuffi simpatici e buffi che circondavano l’entrata della casa dei miei genitori. Mi fa pensare alla fine di un amore. Se non c’è più il fiore dell’amore, non c’è più l’amore…..
Nel linguaggio dei fiori, agapanto sta a simboleggiare la unione sociale….i nuovi proprietari  mi tolgono un ricordo di mia madre, allontanandomi ancora di più da quel che si dice “buon vicinato”…
L’agapanto è pianta perenne. Non muore. Nemmeno il freddo la uccide, anche se la fa scomparire per qualche mese….ma l’agapanto, ai primi tepori, riemerge dal terreno, imperturbabile e pronta a sfidare la nuova stagione in arrivo, a rinverdire l’aiuola che la ospita, preparando la sua esplosione di fiori….fiori sferici, enormi e bellissimi, regno incontrastato di insetti laboriosi.

 Blu o bianchi o viola, i suoi fiori sono tutti straordinari….spiccano sugli altri non soltanto per la loro statura, quanto per la loro eleganza e robustezza, proprio come gli amori più grandi, quelli che ci piace immaginare eterni….quelli che, come le foglie nastriformi e avvolgenti che caratterizzano questa meravigliosa bulbosa,  abbracciano l’esistenza delle persone più fortunate.

Un agapanto non muore nemmeno se privo di acqua. 
Alla fine, la sua origine è sudafricana.
Poche gocce, e lui riprende vita.
Né muore per il troppo freddo, perché  non facciamo in tempo a rammaricarci della sua scomparsa, che è subito pronto a nuovi germogli con i primi tepori.

Ma nulla può contro uno zappettino che, insidioso e violento, estirpa le radici dell’amore.
Una casa priva di agapanto è una casa priva di amore.
Nel suo paese d’origine è quasi pianta sacra, molto usata nelle chiese e nei festeggiamenti del Natale. Si ritiene che porti fortuna, amore, prosperità.
Perciò non esitiamo un istante. Ospitiamolo nella nostra casa, nel nostro giardino, nel nostro terrazzo, nel nostro piccolo balconcino di città.
Lasciamoci conquistare  gli sguardi  e il cuore. Innamoriamoci di lui così come, da adolescenti, eravamo innamorati dell’amore.
Ci regalerà decenni di fioriture e di azzurra compagnia. E amore.

 Autore: Emanuela Sannipoli



lunedì 1 ottobre 2012

VIOLETTA



La magica freddezza del suo colore evoca fantasmi e iatture che gli istrioni dei teatri  temono.
Ma la sua forma romantica e il suo soave profumo richiamano timidezza e riservatezza. Non sfacciata nel colore, non sfacciata nelle forme, né nelle dimensioni, la violetta è fedele a sé stessa…ritroviamo nella sua forma a cuore i colori dell’alba e i profumi di Parma…Fiore del quale non poteva fare a meno la duchessa  Maria Luigia , è simbolo stesso della città ducale e con la stessa Parma ha uno storico legame.
A tal punto lei amava questo fiore, che se ne circondò completamente, fino a preferire il suo colore per sé stessa e  i suoi servitori. E fu lei a volere quel profumo esclusivo di cui oggi tutti godiamo.
In Francia i suoi fiori vengono canditi, ed ecco il risultato...
così bello e fragile da sembrare surreale.

Tanto è timida nelle fattezze, quanto poco lo è nella riproduzione. Essa si riproduce in modo ambivalente, sia sessualmente che vegetativamente, e per questo è facile che tappezzi velocemente lo spazio che la circonda.
le mie violette
Non ama particolarmente il sole. La sua timidezza non le permetterebbe di reclamare i raggi del sole, e quindi ne gode soavemente, sotto le fronde di un cespuglio, sotto una legnosa foglia di magnolia, ai piedi di una quercia, ai bordi di qualche aiuola, tra le pietre di un giardino roccioso…

Qualche signora, che segue la moda, la preferisce coloratissima e un po’ esagerata nelle forme, e per questo nei vivai ne troviamo anche dei colori del fuoco e della ruggine, dai petali un po’ sfrontati, dalle foglie carnose….

Ma la violetta è quel che è. Chi la ama davvero la preferisce selvaggia e scostante, nascosta sotto qualche foglia di bosco, dai piccoli fiori delicati e dalle foglioline minute, che rasentano, nella loro rotondità, la perfezione del cerchio di  Giotto….
 Foglie rotonde che fanno da letto alla rugiada del mattino…

Quando ero piccola mia mamma mi comperò una bambolina che profumava intensamente, così intensamente di violetta, che ancora oggi ricordo quel profumo come fosse ieri.
La bambolina era minuta, quasi invisibile, tutta viola…e oggi, anche se ha perduto la brillantezza di quei colori e la scia di quel profumo, ancora la conservo in una scatolina, un po’ ingrigita dal tempo ma sempre la mia preferita…

Se ci capita di passeggiare in un bosco e di intravedere un puntolino viola o bianco, inchiniamoci a sbirciare, accarezziamo, se vogliamo, odoriamo, se possiamo, e ammiriamone gli algidi colori,  ma non strappiamo dal terreno la piccolina….consideriamola il portafortuna del nostro cammino, e lasciamo alle nostre spalle questo piccolo, meraviglioso miracolo della natura.




Autore: Emanuela Sannipoli

domenica 16 settembre 2012

LA FEMMINILISSIMA PORTULACA


La portulaca è veramente una piccola, dispettosa, simpatica piantina…
Cresce un po’ ovunque e un po’ ovunque è possibile scorgerla. Infestante, dicono gli esperti. E non hanno torto. Provate a prenderne un pezzettino, strappato senza particolare cura, e con la stessa poca attenzione infilatela in una roccia calcarea, nell’angolino di un vasetto di terra , sotto un albero, in un angolo spoglio del vostro giardino, in una ciotola appesa,  e vedrete che lei, neanche troppo lentamente, comincerà a camminare, strisciare, allungare i suoi rametti erbosi fino a coprire tutto quel che le sarà possibile coprire. E poi spunterà prima un fiore, e poi due e poi tre fino a un tripudio di fiorellini semplici, puri, coloratissimi, simili a piccoli bottoncini con i colori estivi del gelato…
rosso carminio 
 arancio
 giallo
 rosa porpora

Che nome strano ha, la portulaca! Gli inglesi, sempre un po’ snob, la chiamano “purslane”, porcellana, visto che le sue foglie carnose e lucide ricordano il nobile materiale.

 Nel Salvador  è detta “cuscino di bambino” richiamando la sua morbida tendenza a tappezzare tutto.
Per gli argentini  è il fiore del giorno, per la sua fugace, seppur resistentissima, vita.
Per gli spagnoli è semplicemente “porcellana”, o  banalmente “portulaca”.
E gli italiani? Gli italiani amano le belle donne, e quindi tanti sono i modi di citare questa piantina richiamando il suo essere alla femmina….e i nomi sono tanti quanti sono i dialetti del nostro Bel Paese.
Purselana per i liguri (forse i più eleganti), porcacchia per i lucani, pucchiacca per i napoletani,  perchiazza in Puglia, sportellecchia per i vivaci toscani, e così via…ma più o meno tutti riportano alla donna e al suo essere tale.

Eppure non è una pianta vistosa come potrebbe far pensare questo strano nome…
Le sue origini sono controverse. Così come è incerta la provenienza asiatica, così è certa l’usanza egizia di usarla come pianta medicinale , ma ovunque e in ogni epoca storica  la si è prediletta come pianta da gustare nell’arte culinaria. Ancora oggi la si conserva in vasetti colmi di acqua e aceto, o olio, o la si condisce in insalata.
Per gli arabi resta la “pianta matta”, per il suo modo scomposto di allargarsi sul terreno. Senza regole, senza confini, senza pudore.

A Roma è per tutti la “misticanza”, ossia da mischiare con altre verdure in insalata. Altrove è l’erba fratesca, quando, anticamente, i frati, nel chiedere l’obolo alle famiglie, racimolavano portulaca bussando alle porte della  gente.
Non soltanto  gli egizi la adoravano come pianta medicinale. Le si riconoscono proprietà disinfettanti per l’acne, si dà per certa il suo essere preziosa  fonte di omega 3, ed è nel suo insieme depurativa, lassativa, diuretica, dissetante.  
Ma, sopra ogni cosa, questa piccola ma prepotente piantina estiva è, nella sua disarmante  semplicità,  una presenza fissa dei vivai nella bella stagione.
È facile da coltivare. Non vuole molta acqua, e se questa le viene a mancare lei comunque si arrangia…i suoi rametti erbosi arrancano un po’ ovunque,  guadagnando terreno e decorando il perimetro con i suoi  piccoli bottoncini colorati. La luce del sole che lei ama tanto dà risalto alle sue foglie carnose , mettendo in evidenza la lacca lucida che le ricopre.

Ne basta un pezzetto per farne tante belle piantine colorate. Non temete, se vedrete questo, all’inizio…

Lei ci inganna perché il suo compito primario è conquistar terreno, per poi decorarlo con le sue magnificenze.
Una volta attecchita, ci donerà il suo semplice splendore e al primo freddo ci saluterà. Ma  l’anno prossimo sarà sempre lì, pronta a sbucar fuori da qualche anfratto solitario, come un’antipatica gramigna e, al primo sole, ci regalerà i suoi fiorellini magici e divertenti, simili a buffi fumetti sparpagliati disordinatamente un po’ ovunque…

Anche da quella ciotola appesa, dove li vedremo scendere scompigliati e divertenti, come sempre, come ogni estate…



Autore: Emanuela Sannipoli