C’era una
volta una rosa….
Così cominciano
le favole. Ogni rosa è favola…la sua regale bellezza è favola, e d’altro canto,
non sono le principesse e le regine le protagoniste delle favole? Ma la mia
rosa non è una rosa qualunque, e la sua storia, dunque, senza essere regale è
comunque speciale.
Lei è una
rosa diversa. Non è maestosa come le altre, no. Il suo portamento non è eretto.
Lei si china, si piega, si prostra dolcemente al freddo dell’inverno. Talora
alla neve invernale. Regina di un mondo sommerso e dai suoni ovattati, se
vogliamo. Lei non è rosa tea, né rosa inglese, né antica, né moderna, né miniatura…lei
è rosa maschile. Il suo nome è elleboro, helleborus per fare gli chic, e quindi
anche in questo è diversa.
Non ha
nemmeno mille colori, come le altre. Lei è bianca, pura come la neve che soffoca
il suo capo, e che lei scosta per far capolino. Al massimo è rossa, di un rosso
cupo quasi come il viola cardinale. E’ il massimo del suo estro. Talora ha
qualche diversa sfumatura, forse per farci un piacere, ma è poca cosa, resta
sempre disarmante nella sua semplicità.
Pensate che
non ha nemmeno le spine. E non per il gioco bizzarro di qualche floricoltore,
no! Lei è proprio naturalmente così, senza spine.
La storia
vuole che si chiami, volgarmente, rosa di Natale. E, sempre la storia, vuole
che questo nome sia tale perché, ovviamente, è un fiore invernale….anche in
questo si distingue dalle rose. Le sue amiche evocano colori e profumi
primaverili, sono il paradiso di insetti produttivi, la gioia delle spose, il
simbolo dell’amore. Lei, invece, la
nostra rosa di Natale, addirittura è un rizoma. Si genera da un rizoma. Ossia,
quella specie di tubero insignificante dal quale mai penseresti possa uscire
una tale meraviglia della natura. Filamentoso e nerastro come i capelli di una
strega, e di lei si dice che sia stregata. E che evochi riti antichi e segreti.
E,
oltretutto, non ama particolarmente il sole….Si accontenta, semmai, di un pallido sole, non pretende il meglio,
lei.
La rosa rosa,
invece, vive di sole….lei no, sonnecchia paciosa sotto l’ombra muschiosa e
umida di qualche albero, di un sottobosco, di un angolo di pace. Amante della
nebbia, amante della rugiada, amante dell’oscurità, come una strega, appunto.
E, a
differenza della Stella di Natale, così diffusa durante il periodo festivo, lei
poco ci tiene a farsi notare. Non viene regalata, né infiocchettata, né venduta
per beneficienza, e nemmeno dimenticata e lasciata morire in qualche ufficio dopo le
festività…
Dà il meglio
di sé in piena terra, d’altronde è sovrana delle montagne e dei boschi. E,
sebbene sia una pianta che si spoglia d’inverno del suo abito, capita, qualche
volta, che si tenga ben stretto il suo manto di foglie e fiori appassiti,
incapace di abbandonare la sua fredda maestosità ma di apparire, comunque, ai nostri occhi sempre così semplicemente bella.
E, negli anni, la sua chioma ora bianca ora purpurea si allarga sempre di più,
alla conquista del terreno intorno a lei. Timida fino a un certo punto, quindi.
Talora nascosta, talora maestosa…
E forse è più strega che regina, a pensarci
bene. Lei è velenosa, e anche in questo è diversa dalle rose. Velenosa. E’ detta
anche “erba delle streghe”, ma chissà perché, tra tante piante velenose-gli
oleandri, ad esempio, o la datura, che ha anzi un nome intrigante e paradisiaco,
quale “tromboni d’angelo” - solo a lei è
toccata la sorte di questo nomignolo malefico.
Le sue
proprietà rilassanti non derivano certo dalla pacatezza del suo aspetto, ma dal
veleno delle sue foglie. Ammiriamola senza curiosare troppo su di lei. Non lo
merita. E non rischieremmo di pentircene.
Non si sa
davvero quanto ci sia di vero in queste storie, io, per scaramanzia, un piccolo
rizoma filamentoso-che somiglia ai capelli delle streghe-fossi in voi lo
pianterei!
Autore: Emanuela Sannipoli
Autore: Emanuela Sannipoli
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